È
l’11 marzo del 1669, boati e terremoti precedono lo spalancarsi della montagna. Bocche vulcaniche si aprono a 850 metri.
Il 29 marzo Misterbianco è circondata, presa a tenaglia da due braccia di fuoco, a occidente e a oriente.

Misterbianco nell’affresco di Giacinto Platania, dipinto in diretta. Si trova sul muro della Sagrestia della Cattedrale di Catania, sopravvissuto alla distruzione del terremoto del 1693. L’affresco fu commissionato dal Vescovo Bonadies. Vedi Catania in Gigapixel di Antonino del Popolo

La sera del 30 marzo, la lava cola verso il centro dei due bracci.

E il paese, con le sue case, le sue chiese, le sue terre, le sue querce, il suo lino, i suoi gelsi, bruciò tutto.

Rimase pochissimo:

la chiesa della Madonna degli Ammalati, la chiesetta di Santa Margherita, un querceto, una piccola casa con due cisterne, il campanile e resti della Madre Chiesa, “Campanarazzu”, che conservò sotto la lava una delle poche testimonianze dell’architettura rinascimentale precedente all’eruzione del l669 e al catastrofico terremoto del 1693.

Qui comincia il viaggio degli eroi.

All’inizio, i cittadini terrorizzati, hanno pregato, implorato.

Poi hanno compreso e freneticamente hanno salvato il salvabile.

Una immagine potente è, oggi, nell’antica Madre Chiesa liberata dalla lava: una porta murata con grosse pietre. Emozionante.

E’ “La porta della speranza”. Si cercò di sbarrare le porte al fuoco.

Si salvò il salvabile, prima di fuggire, viene avvolta nei materassi la preziosa statua della Madonna delle Grazie, opera di scuola gaginiana; tirata giù la pesantissima campana; avvolti, nei panni, quadri, registri parrocchiali.

Esuli, abbandonano il loro mondo. Quasi quattromila abitanti, donne, uomini, bambini, animali formano una carovana che scende verso sud.

Ogni anno, la seconda settimana di settembre, con la Festa della Madonna degli Ammalati, si rievoca tra canti, balli corali e lunghe passeggiate/pellegrinaggi, l’epopea di un popolo, legata alla distruzione/salvezza/ricostruzione.

Eruzione dell’Etna raffigurata da Giacinto Platania, 1669

L’Aliva ‘Mpittata (Foto S. Scalia)

La tradizione racconta che gli esuli si fermarono presso un albero d’ulivo, sollevarono la campana di 10 quintali e l’appesero all’Aliva ’mpittata.

I rintocchi risuonarono per la campagna a rassicurare i fuggitivi.

Ci si dividerà. Dei 3.434 abitanti, registrati nella visita pastorale del 1666, ne ritroviamo, nel nuovo Comune, solo 1585, nella visita del 1673.

La colata dei profughi prese infatti due strade: una andò a fondare il Nuovo Misterbianco, l’altra, con Padre Leocata, vide il ritorno a Catania, da cui Misterbianco era stata scorporata nel 1642, quando fu venduta a Trigona.

Il 29 Aprile del 1669, la comunità celebrò un rito di inizio: un matrimonio.

La sposa è Vincenza Surito, figlia di Erasimo e di Agata Leucata; lo sposo è Francesco Santagati, figlio di Andrea e di Maria Santonocito.

Il cappellano è il sac. Domenico Scordo.

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NB: ASP T.R.P. Riveli b. 1316 del 1624 e del 1607 sono stati utilizzati su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali. Gli originali si trovano presso la Soprintendenza archivistica della Sicilia – Archivio di Stato di Palermo; copie all’Archivio Storico di Misterbianco.